𝗠𝗨𝗦𝗜𝗖𝗔
𝗥𝗲𝗰𝗶𝘁𝗮𝗹 – 𝗣𝗿𝗲𝘀𝗲𝗻𝘁𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗲𝗹 𝗹𝗶𝗯𝗿𝗼: “HIJRA. L’ESILIO DEL FLAUTISTA” di Nour Eddine Fatty
𝗖𝗼𝗻𝗰𝗲𝗿𝘁𝗼
NOUR EDDINE FATTY TRIO – “DAL DESERTO AL MARE”
Viaggio musicale che parte dalle radici di musica gnawa del deserto fino musica arabo andalusa.
Nour Eddine Fatty Trio
Quando è arrivato in Italia nel 1993 Nour Eddine Fatty era un immigrato senza documenti partito quindici anni prima da un piccolo villaggio nel nord del Marocco e vissuto fino a quel momento di espedienti tra i vicoli di Parigi. A Roma è diventato un musicista. O meglio, è ridiventato un musicista, perché Nour Eddine Fatty viene da una famiglia di strumentisti itineranti che sotto la guida del nonno suonatore di ciaramella con un gruppo Issawa portava le note di ascendenza sufi nei mausolei, sulle montagne del Rif, nelle feste popolari della regione di Fez.
Ad ascoltarlo adesso è difficile credere che prima del successo da 12 cd registrati in mezzo mondo, 5 colonne sonore e oltre mille concerti, ci siano stati la clandestinità, l’indigenza, la marginalità sociale.
Nour Eddine Fatty lo racconta a ripetizione nei suoi spettacoli-recital mettendo in musica le difficoltà, le opportunità e le contraddizioni di un migrante vagabondo che un giorno di vent’anni fa ha incontrato in metropolitana Tony Esposito e si è ritrovato ingaggiato nel ruolo della “voce araba” nel film «Storie d’amore con i crampi». Da quell’inizio cinematografico il menestrello che strimpellava sul marciapiede per pochi spiccioli ha camminato parecchio, nonostante l’ostilità montata nei confronti dei musulmani dopo l’11 settembre 2001: il grande schermo ancora («L’albero dei destini sospesi»), il battesimo di gruppi musicali etnici d’ispirazione berbera e gnawa (Azahara, Desert Sound, Jajouka), la collaborazione con la World Orchestra.
Hijra- L’esilio del flautista” è un esempio di teatro canzone dalla forte componente esistenziale, che dal Marocco della tradizione orale vira inaspettatamente nel 1982 verso la Catalogna del Maestro e scopritore Jordi Percerda. Il flauto fa da guida a un cammino accidentato e denso di eventi, che semina messaggi di apertura e comprensione tra culture e popoli diversi. A saperlo ascoltare, flauto, oueter e chitarra dell’artista marocchino ben presto perdono ogni connotazione nordafricana, per diventare ritmica di accompagnamento a storie in fondo universali, compiendo un vero e proprio rituale di empatia, dove saranno per una volta gli ospitanti e non i migranti i destinatari di una narrazione identitaria. E infatti, seppur partendo da una piccola vita da esule con le sue difficoltà, Hijra scava nel profondo della dimensione psicologica del migrante e dell’artista, testimoniando il dramma dell’emarginazione ma anche la volontà di dire agli altri del proprio diritto ad esistere, lungo un arco che fa approdare il protagonista a una sorprendente consacrazione come strumentista, autore di importanti progetti musicali, compositore per il cinema. Nour Eddine anche dopo il concerto interreligioso commissionatogli da Papa Benedetto XVI non scorda povertà e difficoltà degli inizi, ma anzi utilizza la propria storia personale come metafora della condizione del migrante, e come invito alla tenacia contro ogni avversità. Un viaggiatore sulle strade del mondo che dal 1993 ha trovato in Roma una seconda patria, attraverso capolavori della world music come “Coexit”, apprezzatissimo da Papa Giovanni Paolo II. Brani per i Trascendental, colonne sonore per Ozpetek e altri maestri, un docufilm sul Marocco e sulla propria vita, hanno nel tempo portato Fatty ad essere ambasciatore, lui musulmano, della musica classica in Vaticano con l’opera “Alma Mater”, e poi a collaborazioni di valore internazionale quali quella con la Royal Philarmonic di Londra nel 2010; fino alla fondazione, l’anno dopo, dell’Orchestra della Primavera Araba in Valderice, in un ponte senza tempo tra Sicilia e mondo arabo.