Drammaturgia Katia Colica
con Americo Melchionda Pier Paolo Maria Milasi la madre Andrea Puglisi Guido
A cura di Matteo Tarasco
Costumi Malaterra
Scenografia Melis-Lazzaro
Musiche Antonio Aprile
produzione Officine Jonike Arti
Sono nato in una città piena di portici. Mio padre è morto nel ’59, mia madre è viva. Piango ancora, ogni volta che ci penso, su mio fratello Guido, un partigiano ucciso da altri partigiani. Quanto alla poesia, ho cominciato a sette anni: ma non ero precoce se non nella volontà. Ora, in
un paese tra il mare e la montagna, dove scoppiano grandi temporali, d’inverno piove molto.
“PPP Amore e Lotta” nasce dalla simbiosi tra drammaturgia originale e alcuni stralci tratti dalle opere di Pasolini e ne confonde i tratti: l’attore entra in scena – da spettro? reale? – L’ambiguità non ambisce a essere chiarita. Potrebbe essere appena stato ucciso Pier Paolo, all’ interno di quella confusione senza tempo che immaginiamo addosso ai defunti che non riescono a lasciare il corpo mortale per avviarsi verso il metafisico. “Le parole che si perdono e non si trovano più, questa luce dei fari. L’ultimo bacio di mia madre, la strada giusta, la strada giusta per mio padre. Puzzo di frenata. Correre in sogno. Le vetrinette in salotto, le pacche sulla spalla. I fanali che pizzicano gli occhi, un riparo qualunque. Il freddo preso da chi ti aspetta alla stazione. Alzo il finestrino ché piove” L’ambizione è quella di stimolare, attraverso lo spettacolo, la conoscenza di una personalità scomoda e controcorrente, tra i maggiori intellettuali italiani del Novecento, poeta, scrittore, drammaturgo, regista, punto di riferimento e icona della libertà espressiva mondiale, in una visione innovativa e familiare, immaginandone emozioni e rapporti familiari. La madre Susanna che aspetta alla finestra, in attesa del suo ritorno, “…è che ti aspetto ancora. Vi aspetto tutti e due, per capire come vi siete smarriti, qual è la mia colpa, in quale strada del bosco vi ho perduti. Vi aspetto per farmi raccontare la faccia dei lupi che vi hanno sbranato…” ; il fratello partigiano Guido, ucciso da giovanissimo nel 1945 durante i fatti legati all’eccidio di Porzus, “ …Dicono di te che hai perduto la strada di casa, che ti sei fermato in un posto, dovevi vedere qualcuno, e alla fine non ti sei più mosso da lì…Dicono che hai appeso ai tergicristalli della tua automobile una bandiera con cui volevi coprirmi per non farmi prendere freddo, di notte…” : sono voci e visioni che si mescolano confondendo i piani temporali, fino a divenire allucinazioni; o verità allucinate. In una dimensione atemporale e metafisica, il nostro Pasolini si racconta tra la confusione del tempo perduto, annebbiato, e la certezza di una grinta che mescola amore e lotta. Restituita soprattutto dalla concezione futuristica del suo ultimo manoscritto – Petrolio – manomesso e violato.
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